Raoul Duke ha scritto:Scusami, ma queste sono speculazioni tue. È sempre la stessa solfa: quando le cose vanno male a Lugano, bisogna inventarsi le storie. Bertaggia che litiga con Nummelin, i giocatori che remano contro e ora Huras che vuole allontanare una stella della NHL. Ma se vuole tornare a casa, Huras che deve fare?
Lunga intervista odierna a Bergeron sul GdP... e qui cadono tutte le speculazioni e le seghe mentali  
 «Addio Lugano bella, o forse arrivederci...»
 
«Addio Lugano bella, o forse arrivederci...»
Patrice Bergeron chiarisce i motivi della partenza anticipata
DAVOS Scusate se batto spesso (e volentieri) lo stesso chiodo: ma “vivere” la Coppa Spengler significa davvero “vivere” l’hockey da un’altra prospettiva e con un altro spirito. Lontanissimi, tanto per cominciare, dagli isterismi che non solo a casa nostra accompagnano fatti e misfatti del campionato. E la stessa cosa devono pensarla anche i giocatori, visto e considerato che non ne trovi uno neanche a pagarlo (esagero...) che non parli con sincero entusiasmo di un’esperienza che tutti definiscono unica. Unica nel suo genere, ovviamente; unica però anche per tutto ciò che ne fa parte, sotto tutti i punti di vista. La Coppa Spengler, anche per loro, i giocatori, è un modo per tornare a vivere l’hockey in maniera diversa e in un ambiente diverso, come ha sottolineato nella nostra chiacchierata pure Patrice Bergeron, uno che ha già vinto Olimpiadi, Mondiali e Stanley Cup, uno che a 27 anni guadagna 5 milioni a stagione e che, insomma, “gli glielo fa fare”. Con lui abbiamo parlato di Coppa Spengler, ma ovviamente anche di Lugano e del recente annuncio anticipato della sua partenza... anticipata, con tutto quanto ne consegue a livello di speculazioni e di voci. E allora partiamo proprio da questa trattanda. 
Perché, dunque, la decisione di lasciare il Lugano prima che il lockout sia finito? 
Semplicemente perché a questo punto della stagione le mie priorità cambiano, sia a breve che a medio termine. A Québec e Boston ho diverse cose da sistemare e da preparare, quindi nei prossimi giorni tornerò là. Se il 12 gennaio inizieranno davvero i campi d’allenamento e il 19 la stagione di NHL, voglio essere in tutto e per tutto pronto, e in questo momento non posso né voglio correre nessun rischio. Lockout a parte, con il mio agente e con i Bruins nelle prossime due settimane devo regolare due questioni molto importanti: una è legata alla copertura assicurativa del mio contratto 2013/14, e l’altra è il prolungamento già ora dello stesso, in scadenza fra un anno. 
Non partisse la stagione di NHL, è possibile che tornerai a Lugano?
 Mi piacerebbe, ma in questo momento non sono in grado di rispondere a questa domanda. Per i motivi assicurativi e di contratto cui accennavo prima, potrebbe anche succedere che in questa stagione non giochi più per nessuno... Ma io sono ottimista per natura, e quindi spero di non sbagliarmi quando penso che presto in NHL si tornerà a giocare. 
Una battuta alimentata dalle voci: meglio non giocare piuttosto che continuare a farlo con Huras allenatore? 
(ride...) So che le voci raccontano questo, ma posso garantire che sono assolutamente prive di fondamento, e sono felice di poterlo chiarire in questa intervista. Ho deciso di lasciare Lugano per motivi personali, e ho spiegato il tutto a Larry e al DS Habisreutinger. È stata una discussione serena, positiva e onesta, e hanno capito la mia scelta. Con Larry non ci sono stati problemi di nessun tipo. Anzi, a lui e all’HCL sono molto grato: ho apprezzato tutto quello che a Lugano è stato fatto per me e non ho nulla di negativo da dire. 
E allora, prima di... lasciarti andare, facciamo un bilancio di questi mesi passati in Svizzera. 
A livello generale devo dire che ho scoperto un paese bellissimo, un tifo molto caldo e un hockey veloce e “aperto”, perfetto per sviluppare le mie qualità offensive. Il bilancio a livello di risultati e di squadra, invece, non mi può ovviamente soddisfare: il Lugano vale più della sua attuale classifica, e gli auguro di riuscire a “sbloccarsi” e di finire al meglio la stagione. Sul piano personale, per contro, nel complesso mi posso ritenere contento, sia a livello statistico (11 reti, 18 assist e +6 in 21 partire, ndr) che di prestazioni in generale. 
Due parole anche su questa Coppa Spengler, che tra l’altro per le vostre partite trasmesse in diretta dalla tivù canadese TSN quest’anno ha stabilito nuovi record, con audience superiori al mezzo milione di telespettatori. 
Dico solo che tutto quello che parecchi miei amici giocatori mi avevano raccontato di questo torneo ricco di storia e di tradizione, è stato confermato da quello che ho vissuto di persona in questi giorni. È un evento splendido e un’esperienza impagabile, sia sul ghiaccio che fuori. Il posto è fantastico, l’ambiente unico e il fatto di trascorrere qui e in questo modo e con le nostre famiglie la settimana di Natale è davvero straordinario: essere qui, insomma, è una grande fortuna. E poi grazie alla TSN mi hanno potuto vedere in diretta TV, dopo molti mesi, anche i miei genitori e mio fratello in Canada, e pure di questo sono molto felice. 
Grazie alle telecronache... transoceaniche anche la Coppa Spengler diventa una bella responsabilità per chi veste la maglia del Canada. 
Ogni volta che nella nostra vita capita di indossare questa maglia, e non importa in quale contesto, è una grandissima responsabilità e al tempo stesso un grandissimo onore. Nessuno di noi si sognerebbe mai di rinunciarvi, o di non dare l’anima per onorarla, e non importa se si tratta di Olimpiadi o di Coppa Spengler! Ovviamente in queste circostanze, quando la squadra si ritrova all’ultimo momento ed è composta di giocatori che arrivano da chissà quanti club e sistemi diversi di gioco, ci vuole un attimo di tempo per trovare i giusti automatismi. 
Ultima curiosità, sempre legata al Canada: sei un québecois DOC che però ha sempre giocato a Boston... 
Sì, sono québecois fino al midollo, e da bambino il mio hockey era quello dei Nordiques, e i miei idoli erano Sakic e Forsberg. Avevo 10 anni quando sono stati trasferiti in Colorado, una tragedia... Ma continuai a tifare per gli Avalanche, perché la squadra all’inizio rimase in parte la stessa. Fino ai 18 anni ho giocato nelle leghe giovanili del Québec, poi nel 2003 sono stato draftato e messo sotto contratto dai Bruins, e lì è iniziata la mia seconda vita.... E non posso certo lamentarmi di come sono andate e stanno andando le cose, visto che mi ha permesso di realizzare tutti i sogni che avevo quando da piccolo giocavo a hockey in strada e sognavo, come tutti i bambini canadesi, di giocare e vincere gara-7 della finale della Stanley Cup...