«Non sono solo il fratello di Roberto...»
Il caldo estivo è sinonimo di sudore un po’ per tutti, ma in particolare per i giocatori di hockey, che proprio in questo periodo gettano le basi per la stagione che inizierà tra un mese esatto. Di lavoro da fare ce n’è per tutti, anche per i portieri, che a Lugano sono ora allenati da Leo Luongo. A soli 29 anni il fratello del notissimo Roberto, estremo difensore dei Vancouver Canucks e oro olimpico a Vancouver con il Canada, vanta già un’esperienza decennale come allenatore di portieri.
Quella dei Luongo, famiglia di Montréal, ma orginaria di Avellino, è una storia tutta da raccontare e Leo lo fa cominciando da quella passione per il ruolo di portiere che condivide con i fratelli Roberto e Fabio. «Entrambi i miei genitori erano portieri di calcio – ci racconta Roberto Luongo – Papà è emigrato in Canada dall’Italia quando aveva 23 anni, mentre mamma è nata in Canada, ma pure i suoi genitori erano emigranti italiani. Come detto, tutti e due giocavano in porta, quindi forse era destino che sarebbe stato così anche per i loro figli. Tutto è iniziato con Roberto, che ha cinque anni più di me: nonostante abbia iniziato come giocatore di movimento ha sempre voluto essere un portiere di hockey. Un giorno, un po’ per caso, è finito in porta, ed ha subito dimostrato il suo talento. Mia mamma portava me e mio fratello più piccolo, Fabio, ai suoi incontri e per noi era bellissimo vedere Roberto vincere le partite da solo grazie alle sue parate miracolose. Così, pure noi due abbiamo voluto giocare in porta, perché anche noi volevamo compiere delle parate spettacolari».
Per voi tre fratelli di origini italiane l’hockey è stato anche un modo per integrarvi meglio nella comunità canadese?
Sì, ma Roberto, Fabio ed io abbiamo sempre amato moltissimo anche il calcio, che da ragazzi abbiamo praticato ad alti livelli. Ad un certo punto però i nostri genitori ci hanno imposto di scegliere uno dei due sport, perché la stagione del calcio finiva quando i campi d’allenamento dell’hockey erano già iniziati e dunque le due cose non erano compatibili. Così alla fine tutti e tre noi fratelli Luongo ci siamo buttati a capofitto nell’hockey e il fatto che sia lo sport nazionale canadese ha sicuramente aiutato a far pendere l’ago della bilancia da quella parte.
Nella tua già lunga carriera di allenatore di portieri hai lavorato a tutti livelli di età e di categoria. Ti emoziona di più vedere un bambino compiere dei progressi o un professionista compiere una parata spettacolare che vale una partita?
Adesso che sono allenatore cerco di non farmi più coinvolgere emotivamente dalle partite... Devo restare il più obiettivo possibile per aiutare i miei portieri a migliorarsi costantemente. Se mi si chiede se mi dà più soddisfazione vedere i progressi di un bambino o vedere un professionista decidere da solo una partita, dico che per me è lo stesso, perché il mio ruolo è quello di aiutare tutti quanti a migliorare. E si può sempre far meglio! Quindi quello che mi soddisfa davvero è vedere i portieri che lavorano con me crescere giorno dopo giorno e migliorare la loro arte, indipendentemente che si tratti di bambini, juniori o professionisti.
Tu punti tanto sull’approccio psicologico nella preparazione dei portieri…
L’aspetto psicologico è una parte molto importante del lavoro che si fa con i portieri, perché il loro è un ruolo molto delicato, dato che un errore può portare direttamente a una rete avversaria. Un portiere può decidere da solo una partita nel bene come nel male, quindi bisogna lavorare moltissimo sul mentale. È un lavoro che mi piace molto: ho letto tantissimi libri di psicologia e continuo ad aggiornarmi, perché questo settore continua ad evolversi.
Sul sito internet della tua scuola di portieri in Canada è riportato un piano delle attività giornaliere: sorprende vedere che sono previste anche delle sessioni di yoga!
Un paio d’anni fa tutti i ragazzi di una squadra giovanile con la quale lavoravo seguivano una volta alla settimana corsi di yoga per prevenire gli infortuni e far diventare i loro corpi più flessibili. Credo fermamente che lo yoga possa aiutare molto i portieri di hockey, che devono essere estremamente agili e flessibili cercando di evitare quei problemi all’inguine che sono molto comuni. Non imporrò mai a nessuno di seguire lezioni di yoga, perché la scelta è molto personale, ma dare ai giocatori e ai portieri una possibilità in più di migliorarsi fisicamente e prevenire gli infortuni è sicuramente molto interessante per i club.
In conclusione di questa breve chiacchierata non si può non ritornare a tuo fratello Roberto. Quanto è stato difficile per te dimostrare di non essere solo “il fratello di”?
Quando giocavo mi capitava abbastanza spesso di sentirmi paragonato a mio fratello Roberto. Ma da quando una decina d’anni fa ho iniziato ad allenare invece non mi sono più sentito nella sua ombra. Non posso negare che essere il fratello di Roberto Luongo mi abbia aperto qualche porta, ma poi sono stato io, con le mie qualità, ad attraversarle, quelle porte! Sia a livello giovanile, sia con Hockey Canada, sia in American Hockey League sono sempre stato l’allenatore più giovane in circolazione, e questo significa che so fare bene il mio lavoro. Non puoi ottenere tutto quello che vuoi solo grazie al tuo cognome, anzi, per me dimostrare di non essere solo il fratello di Roberto Luongo è sempre stato uno stimolo in più!
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